Ho sempre pensato che prima o poi qualcuno avrebbe deciso di scrivere un romanzo su San Marino. La più antica Repubblica del mondo è materia romanzesca sin dalle sue origini con la leggenda del santo venuto dal mare. Anche la sua storia è un’epopea degna del miglior sceneggiatore: come scrive Alessandro Barbero “San Marino è l’avanzo di una Storia che una serie di casi strani ha fatto sì che quel piccolo stato sopravvivesse.” Certo c’è stato il crepuscolare cesenaticense Marino Moretti con Il trono dei poveri (1928), ma una storia ambientata nella San Marino odierna ancora non si era vista. Quel giorno è arrivato.
Il colpevole è Luca Restivo, nato a Castel San Pietro Terme, milanese d’adozione, autore televisivo (La7, Rai e Sky) e teatrale (Salutava sempre con Alessandro Cattelan), conduttore di Cater XL su Rai Radio 2 e cofondatore del Ghe pensi mar, festival di musica, letteratura e comicità che si tiene nella stagione estiva sui lidi ravennati. Col suo San Marino Goodbye, uscito il 5 marzo per Blackie Edizioni (casa editrice indipendente milanese dal catalogo eclettico e coraggioso), la Serenissima conquista il suo posto nell’atlante immaginario della letteratura contemporanea.
Restivo ha scritto un romanzo originalissimo, irriverente, intriso di satira e ricco di invenzioni narrative, colpi di scena e personaggi impossibili da non amare. C’è la tensione di un film di spionaggio, l’ironia della satira più pungente, il gusto dell’avventura, l’azione rocambolesca. Sembra ora un’ucronia, ora una tragicommedia, ora un’epica antieroica, e forse è tutte queste cose insieme e allo stesso tempo molto di più. Per Carlo Luccarelli è “un romanzo divertente, magico, affascinante, contraddittorio, profondo e folle. Proprio come l’Antica Terra della Libertà”.
Il punto di partenza della storia, ambientata in una San Marino alternativa alle cui porte l’Italia ha costruito un enorme casinò che ha decretato la fine del turismo locale, è – nelle parole dell’autore – il seguente: “Per colpa di due Capitani Reggenti nazionalisti e cialtroni, i confini di San Marino si chiudono ermeticamente. Alcuni italiani però proprio quel giorno devono entrare nella Repubblica per diverse ragioni (alcune misteriose, altre meno) e faranno di tutto per riuscirci. Intanto, attorno a loro, la politica e i media nel tentativo di migliorare le cose le peggiorano.”
Dopo aver letto il romanzo in un paio di giorni, ho contattato via Facebook Luca (che sarà presto a San Marino per presentare il suo romanzo) e gli ho proposto un’intervista. È stato subito disponibile e ha risposto alle mie infinite domande con grande generosità.
Da dove è nata l’idea di scrivere un romanzo su San Marino?
Per due ragioni: la prima è che sono nato a Castel San Pietro, un paesino sulla via Emilia, a meno di due ore di macchina da San Marino, quindi abbastanza vicino da conoscerla ma sufficientemente lontano per considerarla meta di gite domenicali. La seconda è che volevo raccontare una storia ambientata sul confine di uno stato e quando ho scoperto che sopra quello di San Marino c’era scritto “Benvenuti nell’antica terra della libertà” mi è sembrato perfetto.
Come ti sei documentato? Ti sei appoggiato a degli “agenti all’Havana”? Quali licenze poetiche ti sei preso?
Non conosco nessuno a San Marino, ma ho comprato molti libri di storia su San Marino, principalmente storia del ‘900 e del secondo dopoguerra in particolare. Ho cercato di essere il più documentato possibile e spero di aver fatto pochi errori: nel caso, come sempre, è solo colpa mia.
“Quando ho scoperto che sopra quello di San Marino c’era scritto
'Benvenuti nell’antica terra della libertà' mi è sembrato perfetto”
Sei mai stato a San Marino? Se sì, cosa ti ha colpito, cosa ti ha fatto sorridere, cosa non ti è piaciuto?
Sono stato a San Marino diverse volte per capire sul campo dove avrei ambientato la storia e dare una descrizione realistica. Mi colpisce sempre la lunga strada commerciale che si snoda sul Titano, forse la via per lo shopping più ripida del pianeta. La cosa che mi ha fatto sorridere è che il paese dove c’è la dogana si chiami Dogana.
Ti senti più emiliano o romagnolo? Quanto sono importanti per te e per la tua scrittura le tue origini?
Questo romanzo nasce per dire che i confini sono necessari per il vivere civile, ma non bisogna crederci troppo e quando i confini attingono a storie e leggende medievali, non bisogna crederci per nulla. Viviamo in un’epoca dove le rimostranze di Borgo di sotto che lotta da secoli con Borgo di sopra e su questo fonda la sua identità sono prese sul serio da tutti, destra e sinistra: a me piace invece pensare l’esatto opposto. Quindi, per venire alla tua domanda, mi sento emiliano e romagnolo nella stessa misura. Per quanto riguarda le mie origini, più che qualcosa di sacro proveniente dall’ethos emiliano romagnolo, è stato importante nascere in un luogo con ottime scuole, un buon welfare sociale e una biblioteca eccellente (e un’ottima libreria).
Cos’è per un emiliano-romagnolo, per un italiano San Marino?
Mi piace pensare che sia solo uno con la macchina con la targa azzurra.
Il tuo romanzo sicuramente non è inquadrabile in un solo genere e potrebbe essere definito in molti modi… Tu come lo definiresti?
Una commedia satirica nell’Italia nervosa di questi anni.
I personaggi – dal malvagio Capitano Reggente Manlio alla prode Guardia di Rocca Giosuè, dal borioso Ministro italiano alla giovane Agata in cerca di una patria libera, dallo spregiudicato Claudio all’ironico narratore Walter – sono tutti estremamente vivi: è impossibile per il lettore non affezionarcisi. Come crei i tuoi personaggi?
Penso prima alla situazione (in questo caso: un confine con una sbarra abbassata) e poi da lì immagino: chi potrebbe difenderla? Un onesto e un po’ troppo ligio doganiere. Chi vorrebbe superarla? Un italiano caciarone come i personaggi di Gassman degli anni 60 etc.
Come influenza la tua scrittura, che ha senza dubbio una qualità filmica (direi quasi telefilmica), il fatto che scrivi per la televisione?
In tv mi occupo di monologhi e testi, un genere completamente diverso dalla narrativa. Mi ha influenzato soprattutto per avere un metodo, cioè rispettare consegne, darmi tempi brevi, scrivere sempre e comunque con ogni umore.
Uno dei temi centrali del romanzo è il concetto di confine, legato ovviamente a quello dell’identità, oggi sempre più attuale. Cosa sono per te, cosa dovrebbero essere i confini?
Nulla di più di una necessità amministrativa per capire – ad esempio – chi deve pagare le tasse o meno all’interno di uno stato. Insomma, tutto fuorché qualcosa di “sacro”.
Un altro tema che attraversa tutta la storia è senza dubbio quello della libertà. Ancora una volta torna l’attualità. Cos’è per te la libertà?
La libertà è partecipazione, ma vedendo tanti orrendi regimi, anche la libertà di non partecipare. Banalmente, per me la libertà è la possibilità di potersi esprimere senza temere per la propria vita o salute.
Come emerge dalla sottotrama della coppia di influencer de “La famiglia camperina”, riservi una grande attenzione ai media e ai social. Qual è il tuo punto di vista sulle dinamiche della comunicazione? A tuo parere come hanno cambiato la scrittura e in generale la narrazione i nuovi media?
Sento che viviamo una fase di passaggio tra un’età dell’oro dei social e una più disincantata e con il tempo prenderemo sempre più le misure. Tuttavia, se leggo un romanzo ambientato oggi e i personaggi non nominano mai Instagram, Tik Tok o Facebook mi pare una descrizione un po’ falsata della realtà. Vorrei dire che l’unica alternativa è un romanzo sull’oggi con frati francescani, ma seguo la pagina Facebook dei Frati Francescani (è molto divertente, tra l’altro).
Il romanzo si distingue per un tono ironico e satirico, anche nei momenti di maggiore tensione drammatica. Può l’umorismo svelare e disinnescare i meccanismi del potere e dell’odio? In che modo?
La satira non deve disinnescare i meccanismi del potere, deve descriverli e prenderli in giro, altrimenti è (ottima) comicità. La satira è dire che il re è nudo, ma farlo in modo divertente.
“San Marino è il villaggio di Asterix
che per decenni resiste all’invasione romana”
Un aspetto molto interessante del libro è che San Marino non è solo San Marino ma diventa, o almeno così mi è sembrato, una metafora della contemporaneità, una grande allegoria. Sei d’accordo? Se sì, cosa rappresenta San Marino?
Per me San Marino è il villaggio di Asterix che per decenni resiste all’invasione romana, ma senza pozione magica.
Cos’è per te la scrittura? Quando hai cominciato a scrivere? Cosa cerchi quando scrivi?
Cerco di scrivere una storia che diverta me e che quindi possa divertire anche i lettori. Scrivo da quando ho vent’anni, sempre con l’idea di raccontare storie che possano raccontare la nostra realtà in maniera cinica ma allo stesso tempo con molta leggerezza.
Quali sono i tuoi autori di riferimento e, in generale, le tue fonti di ispirazione?
Sono davvero troppi. Andiamo in negazione allora: da un punto di vista drammaturgico, non lo è Vannacci.
Che libri hai ora sul comodino?
In questo momento un saggio su Cristopher Hitchens e Alsir di Iacopo Gardelli.
Come funziona per te il processo creativo? Qual è la tua routine di scrittura?
Ogni giorno in cui posso dedicarmi alla scrittura resto davanti al pc cinque ore esatte, cronometrate, né più né meno. Difficilmente riesco a scrivere nei ritagli di tempo e mai sotto le due ore.
Al di fuori della scrittura quali sono le tue passioni?
Cinema e andare in giro, visitare più posti possibili.
Cosa pensi sia necessario per dare vita a una buona storia?
Deve divertire – e molto – tu che la stai scrivendo.
Progetti per il futuro?
Un romanzo su uno stato immenso.
(Intervista a cura di Michele Ghiotti, insegnante e autore sammarinese.)